venerdì 10 giugno 2011

Storie d’ordinario alpeggio… (3)

Oggi la giornata all’alpe Grossalp è cominciata alle 6.45. Dopo un veloce caffè ho aiutato Mao a montare il carro per la mungitura delle capre. Recinzione, creazione della staccionata per impedire alle capre di passare nei piccoli spazi a loro disposizione, montaggio delle mangiatoie con tanto di dito mignolo schiacciato in un palo di legno (ahi che dolor!). All’alpe non c’è ancora nessuno, solo io e Mao che mettiamo a posto tutto e prepariamo per l’arrivo degli animali e per l’inizio della caseificazione.

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Arriveranno 60 vacche e 40 manze, 110 capre, 15 maiali, 3 cani, 1 gatto, 6 galline e 1 gallo (se lo ricomprano, visto che quello che c’era è stato sbranato dalla volpe). Oggi pomeriggio, dopo aver pulito tutta la zona superiore della casa, sono andata su alla Capanna Grossalp dove c’è birra e collegamento internet. Ci vogliono 10 minuti di fiato corto e glutei per arrivare quassù a 1907 m.slm. Tutto esercizio utile! Questa Capanna è un rifugio, d’estate si riempie di turisti sdraiati a prendere il sole, per ora è tranquilla col suo caminetto crepitante, meta d’approdo per gente in fuga dalla routine quotidiana, viaggiatori giramondo, un posto ideale per fare due chiacchiere riscaldandosi con un boccalino di rosso.

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Intorno alla Capanna, costruita con durissimo sforzo da parte di tutto il paese e il cantone, che hanno visto più volte vanificare i propri sforzi tra le lingue di fuoco, c’è un antico piccolo insediamento estivo per i pastori fatto di abitazioni originali, uno spettacolo da vedere. C’erano casette (alpuhettu), fienili (gadunschi), ripari per il bestiame (suschtu) e porcili (suwwhetti), tutti rigorosamente costruiti in pietra locale. Il gestore della Capanna ci ha preso in simpatia, facciamo spesso due chiacchiere insieme. Qui è facile stringere amicizia, lontano dal mondo si diventa tutti uguali.

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A volte andiamo su di sera, come quella volta che abbiamo approfittato di un passaggio in macchina di Christian (il gestore). Scendere è stata dura..brancolando nel buio pesto illuminati solo dalla fioca luce della luna. Il mio compagno di viaggio Mao era sicuro nei suoi zoccoli di legno che gli hanno garantito un ritorno a casa umidiccio, e la sua mantellona nera che quanto meno lo proteggeva dal freddo. Ci saranno stati 8 gradi fuori! Ma l’aria, quando non piove, non è umida, quindi tutto sommato si stava bene! Comunque tra stenti, mancate cadute, gridolini e piedi in fallo ce l’abbiamo fatta e siamo arrivati a casa, stremati e con una gran voglia di andare a dormire. Che bello il sapore della semplicità, come quell’attimo in cui ti fermi un attimo in salita e senti l’aria fredda graffiarti la trachea, entrare con decisione nei polmoni, fredda, e in quell’attimo pensi: è vita!

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